Con la Brexit, dal 1° gennaio gli operatori UE non possono più beneficiare dello schema di consignment stock o call-off stock intraunionale nei rapporti con UK. Dal momento in cui il Regno Unito è uscito dall’UE l’invio di beni costituisce esportazione doganale dall’Italia e importazione nel Regno Unito. I rapporti di consignment stock con i clienti UK dovranno, quindi, essere gestiti secondo lo schema dei rapporti mantenuti con clienti ubicati in Paesi extra-UE. Per i beni trasferiti prima del 31 dicembre 2020 occorrerà interrogarsi se l’operazione rimanga un’operazione intraunionale iniziata prima del termine del periodo transitorio e conclusasi dopo o quale sia l’alternativa.
 
Il contratto di call-off stock (o consignment stock come siamo abituati a chiamarlo in Italia), in sostanza un contratto estimatorio transfrontaliero in base al quale l’imprenditore invia beni in un altro paese presso il proprio cliente, che li custodisce quali merci di terzi, mentre l’acquisto si perfeziona solo quando il cliente preleva i beni dallo stock è una delle modalità operative più frequenti i cui vantaggi sono evidenti, soprattutto nel caso di beni necessari ai processi produttivi che l’acquirente ha interesse ad avere a disposizione, ma che ha interesse ad acquistare solo nel momento dell’utilizzo nella produzione senza sostenere i costi ed i rischi del mantenimento di un magazzino di merce propria, conservando, inoltre, il diritto alla restituzione.
A livello intraunionale il contratto di call-off stock è stato oggetto di armonizzazione con la recente direttiva UE 2018/1910 entrata in vigore il 27 dicembre 2018 e applicabile alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2020, la quale, con l’introduzione dell’art. 17 bis nella Dir. 112/2006, ha disciplinato i presupposti e le condizioni in base alle quali l’invio di beni in altro paese dell’UE in previsione di una vendita ad un soggetto già noto costituisce operazione intraunionale rilevante ai fini Iva al momento del prelievo dei beni.
Utilizzo del contratto di call-off stock dopo la Brexit
A seguito della Brexit, dal 1° gennaio 2021, gli operatori non possono più beneficiare dello schema di call-off stock intraunionale nei rapporti con il Regno Unito.
Dal momento in cui il Regno Unito è uscito dall’Unione Europea l’invio di beni dall’Italia al Regno Unito costituisce esportazione doganale dall’Italia e importazione nel Regno Unito (e viceversa).
Conseguentemente, nel caso di call-off stock di beni inviati nel Regno Unito, il cedente dovrà registrarsi ai fini IVA nel Regno Unito e dotarsi di un numero EORI per effettuare l’importazione sulla quale dovrà corrispondere IVA e dazi secondo le regole generali (quindi, ad esempio, beneficiare del pagamento dell’IVA a posteriori se ne ricorrono e condizioni). La successiva cessione dei beni sarà considerata una cessione domestica nel Regno Unito con conseguente assoggettamento ad IVA.
Sotto il profilo italiano, il soggetto effettuerà un’esportazione della merce accompagnata da una fattura pro-forma. Si tratta di un’esportazione che, al momento dell’invio dei beni, sarà rilevante ai soli fini doganali, ma non sarà rilevante ai fini della costituzione del plafond IVA, dato che, in questa fase, l’invio dei beni in un paese extra UE non avviene sulla base di una vendita attuale e non costituisce una cessione all’esportazione ai fini IVA poiché i beni restano di proprietà del soggetto che li invia nel Regno Unito.
Solo al momento del prelievo dei beni da parte dell’acquirente, si perfeziona la cessione e, conseguentemente, l’operazione acquisirà rilevanza ai fini IVA e il soggetto italiano dovrà emettere una fattura indicando quale titolo di non imponibilità l’art. 8, c. 1, lett. a) del D.P.R. n. 633/72, con acquisizione del diritto al relativo plafond.
Gli operatori dovranno quindi mantenere separata traccia delle esportazioni ai soli fini doganali quali quelle relative ai beni inviati in call-off stock, rispetto alle cessioni all’esportazione rilevanti anche ai fini Iva per la creazione del plafond, ossia le cessioni all’esportazione immediate e quelle che si perfezionano al momento del prelievo dei beni da parte del cessionario in territorio non UE, che saranno annotate in un registro di cui all’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972 riportando per ciascuna annotazione gli estremi del documento di esportazione.
La fattura emessa al momento del prelievo ex art. 8, c. 1 lett. a) dovrà fare riferimento all’annotazione sul registro e alla bolletta doganale di esportazione. In questo modo sarà possibile riconciliare le esportazioni con le cessioni all’esportazione e il relativo plafond.
Sul punto può farsi riferimento alle risoluzioni n. 58 del 5 maggio 2005 e n. 94 del 13 dicembre 2013, la prima espressamente riferita al call-off stock, la seconda alle cessioni franco valuta in una fattispecie sostanzialmente analoga al call-off stock.
Invio di beni in Italia in call-off stock da fornitore inglese
Nel caso inverso, in cui sia il fornitore inglese ad inviare i beni in Italia in call-off stock, l’introduzione in Italia costituisce importazione soggetta a dazi ed IVA al momento dell’arrivo dei beni secondo le regole generali. Può anche essere opportuno mantenere traccia delle movimentazioni su un registro apposito ex art. 39 D.P.R. n. 633/1972.
L’acquirente italiano che ha corrisposto i dazi e l’IVA all’importazione pur non essendo ancora proprietario della merce, al momento dell’acquisto dovrà emettere un’autofattura da annotare separatamente, dato che non concorrerà alla liquidazione dell’IVA, a meno che non vi sia una differenza tra il prezzo dichiarato al momento dell’importazione e sul quale sono stati pagati dazi ed IVA e il prezzo effettivamente pagato al momento del prelievo. In tale caso l’autofattura concorrerà alla liquidazione dell’imposta per la sola differenza (Vd. risoluzione n. 346 del 5 agosto 2008).
In alternativa, al fine di evitare gli oneri della registrazione ai fini IVA nel Regno Unito ovvero il pagamento immediato di dazi e IVA, e sempre che ne ricorrano i presupposti, gli operatori possono valutare di conservare i beni ad un deposito doganale in attesa della cessione all’acquirente.
Beni trasferiti prima del 31 dicembre 2020
Per quanto riguarda i beni oggetto di call-off stock trasferiti prima del 31 dicembre 2020 e prelevati dallo stock da parte dell’acquirente successivamente al 1° gennaio 2021, occorre interrogarsi se l’operazione rimanga un’operazione intraunionale iniziata prima del termine del periodo transitorio e conclusasi dopo o quale sia l’alternativa.
Sembra corretto ritenere che, al momento del prelievo l’operazione debba essere considerata una cessione/acquisto intra UE, ritenendo rilevante, ai fini del regime applicabile, il momento in cui i beni sono arrivati a destino e ha avuto inizio l’operazione, in sostanza assimilandola alle operazioni a cavallo disciplinate dall’art. 51, c. 1 dell’Accordo di recesso.